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TT Reggio Emilia, vent’anni di storia vissuti tutti in serie A

TT Reggio Emilia, vent’anni di storia vissuti tutti in serie A

Per risalire alle origini del Tennistavolo Reggio Emilia bisogna andare indietro al 1983, quando venne fondata la sezione pongistica del Gruppo Sportivo Arsenal di Cadelbosco di Sopra. In realtà, però, il movimento era già vincente negli anni ’60, grazie al CSI Reggio Tennistavolo, che raggiunse anche la serie A, con giovani atleti come l’attuale presidente Paolo Munarini.

Ciao Paolo, ci racconti un po’ il fenomeno di oltre 50 anni fa?

«Il ping pong era diffusissimo nelle parrocchie e questa tendenza ha convinto alcuni dirigenti del Centro Sportivo Italiano, l’Ente di Promozione Sportiva, a sollecitare il formarsi di associazioni e a organizzare tornei e campionati vari. L’attività era pianificata da un giovane dirigente come Giuseppe Vaccari, coadiuvato da Lino Lasagni, Pierluigi Castagnetti e Fausto Radighieri. Nel 1966 arrivò il primo titolo italiano Allievi con Luigi Stefanelli, mentre Giovanna Montanari diventò campionessa nazionale Fari, un’organizzazione cattolica femminile omologa al CSI. Per poter offrire ai migliori atleti, provenienti dalle parrocchie e dai circoli, la possibilità di gareggiare a livello agonistico, nei campionati dell’allora Gruppo Italiano Tennistavolo, che si sarebbe poi trasformato nella FITeT, fu costituita la società CSI Reggio Tennistavolo».

Cosa avvenne poi?

«Alla fine degli anni ’60 a Stefanelli si è unito un altro gruppetto formato da Giorgio Leoni, Gianfranco Griffi e da me. Nel 1968/1969 partimmo con la serie C e la vincemmo, per ripeterci nella stagione 1969/1970 in B. Nel 1970/1971 disputammo così la A. Peccato che l’esperienza nel massimo campionato durò solo un anno, perché poi il CSI reggiano decise d’interrompere le gare nazionali, con la conseguente migrazione dei pongisti di spicco nelle squadre delle città vicine».

Arriviamo dunque al 1983?

«Il GS Arsenal di Cadelbosco di Sopra si era formato nel circolo parrocchiale di San Celestino, su iniziativa dei quattro fondatori Domenico Bigi, Enzo Zuelli, Adriano Fantini e Guglielmo “Mino” Bigi, cugino di Domenico e papà di Marco, che gioca ancora con noi. Mancavano, però, tecnici con esperienza e hanno coinvolto persone che avevano trascorsi agonistici come me, che sono entrato in società nel 1985 come giocatore e ho successivamente allenato il settore giovanile e fatto parte del direttivo. I primi titoli nel 1984/1985 sono stati quelli regionali di Gabriele Mattioli in singolare e con Yuri Fontanesi in doppio e a squadre. Nel 1986 abbiamo conquistato anche le prime medaglie ai Campionati Italiani, con gli ori sempre di Fontanesi e Mattioli nel doppio Allievi e di Mattioli e Alessia Arisi, del TT Parma, nel misto, l’argento di Yuri e Gabriele a squadre e il bronzo di Gabriele nel singolare».

Nei campionati a squadre, qual è stato il percorso?

«Partendo dai regionali siamo saliti, gradino dopo gradino, fino ai nazionali. È stato con noi anche Stefano Lama, che negli anni ’70 e ’80 aveva vinto parecchi titoli di campione italiano con Parma. A compiere gli ultimi salti negli anni ’90 sono stati Samuel Nardini, Francesco Barbadori e Yuri Fontanesi, che ci hanno portato nella serie A unica nel 1998/1999. Al termine di quella stagione l’Arsenal ha deciso di chiudere la sezione tennistavolo e ci siamo trasferiti, creando nel giugno del 1999 il TT Reggio Emilia. Co-fondatori con me sono stati Marcello Bigi, Marco Bigi, Yuri Fontanesi, Roberto Paoli, Patrizio Rondini, Giovanni Spitoni, Renzo Pellicelli e Paolo Giorgio. Ci è stata assegnata la palestra comunale di piazza Scapinelli, nella quale abbiamo svolto l’attività fino al 2002. È stata la prima volta che abbiamo avuto un impianto dedicato esclusivamente al tennistavolo».

Chi giocava per voi?

«Allora in A si adottava la formula della doppia Davis e nel 1999/2000 al tavolo 1 abbiamo schierato i due armeni Smbat Sarkisian e Aram Djavadian e al tavolo 2 Barbadori e Nardini. L’anno successivo abbiamo ingaggiato come n. 1 il bulgaro Todor Ivanov Kesov, che impiegavamo al primo tavolo con Sarkissian, mentre al secondo utilizzavamo Djavadian, Nardini e Barbadori. Abbiamo raggiunto i playoff, nei quali abbiamo battuto il Castel Goffredo nei quarti, per poi cedere in semifinale alla Marcozzi Cagliari di Massimiliano Mondello, che avrebbe vinto lo scudetto. Nel 2001/2002 il campionato è stato sdoppiato e abbiamo rinunciato alla A1, accedendo alla A2, dove ci siamo piazzati secondi, alle spalle del Ferentino. Tre stranieri rappresentavano un onere considerevole e abbiamo preferito risparmiare risorse da convogliare a favore dell’attività giovanile e locale. Da allora all’anno scorso siamo sempre rimasti in A2, per poi venire promossi in A1. In realtà già nel 2010/2011 avevamo vinto i playoff di A2 contro il Cral Comune di Roma, ma avevamo rinunciato al passaggio».

Chi sono stati i protagonisti in prima squadra in questo lungo periodo?

«Liu Wenyu, che c’è sempre stato, Emmanuele Delsante, Christian Ghelardi, Filippo Giuliani, Dario Loreto, Lorenzo Ragni, Alessandro Ruscelli, Vincenzo Dario Sanzio, Marco Sinigaglia, Sun Yuyao, Marco Talocco, Frizzo Tatulli e Wei Dianren. Ho tenuto per ultimi Mattia Crotti, Damiano Seretti, Stefano Ferrini e Luca Ziliani, che nel 2020 ci hanno regalato la promozione in A1».

Nel settore femminile, in quali campionati avete militato?

«Purtroppo non siamo mai riusciti a costruire un gruppo che potesse resistere nel tempo e questo è stato un po’ il nostro limite. Siamo stati in serie B dal 2006 al 2011 con Erica Maseroli, Angela Lodi, Carlotta Soncini e Isabella Guidotti».

Quali sono stati i migliori risultati individuali?

«Oltre ai podi già citati di Fontanesi e Mattioli, Nardini si è aggiudicato il singolare della categoria seniores CSI nel 2008. Sanzio e Ragni nel 2010 hanno vinto il titolo tricolore a squadre Under 21 e l’argento in doppio. In singolare Lorenzo è stato campione nel 2009 e Vincenzo Dario nel 2010 e bronzo nel 2011, anno in cui è stato anche terzo a squadre Under 21 con Alessandro Campisi, a sua volta bronzo anche nel 2012 con Ferrini. Wilmer Montanari si è imposto nel 2010 nel singolare Over 70 ed è stato terzo nel 2012 nel doppio Over 75. Sempre fra i Veterani Giuliani è stato campione nazionale Over 40 nel 2018, argento nel 2013, 2014 e 2015 e bronzo nel 2016. In doppio ha collezionato nel 2013 l’oro nel misto e il bronzo nel maschile, nel 2014 l’argento nel misto, nel 2015 l’argento nel misto e il bronzo nel maschile e nel 2016 il bronzo nel misto. Fra le donne nel 2008 Isabella Guidotti è stata argento nel singolare di terza categoria e bronzo nel misto».

Quest’anno siete dunque per la vostra prima volta in A1 maschile?

«Come stranieri avevamo scelto il russo Grigory Vlasov e il cinese Chen Shuainan, ma Chen non è riuscito ad arrivare dalla Cina. Al suo posto abbiamo ingaggiato il francese Romain Lorentz. La rosa è completata da Mattia Crotti, Damiano Seretti e Stefano Ferrini. Contro la Top Spin Messina ha esordito Pietro Fantini, che fa parte dell’organico della B2 con Liu Wenyu, Luca Ziliani, Marco Bigi, Marcello Bigi e Ferrini. Nei campionati regionali presenteremo una compagine in D1, una in D2 e due in D3».

Chi sono stati i vostri tecnici?

«Nei primi anni a svolgere il ruolo di allenatore è stato Samuel Nardini, che nel 2005 è stato affiancato da Liu Wenyu, tuttora il nostro punto di riferimento. Per alcune stagioni abbiamo avuto inoltre Maria Rita Pilloni, che ha anche seguito il settore femminile».

Il vostro impianto è variato nel corso degli anni?

«Siamo stati in piazza Scapinelli fino al 2002, poi ci siamo trasferiti nella palestra delle scuole elementari di Rivalta. La crescita del movimento ci ha poi costretto a un ulteriore spostamento nel 2005, quando l’amministrazione comunale ha ristrutturato un fabbricato industriale in via Mazzacurati 11 e lo ha convertito in struttura riservata al tennistavolo. Abbiamo normalmente otto tavoli fissi montati, che con il Covid-19 sono scesi a quattro. Paghiamo l’affitto alla Fondazione per lo Sport del Comune di Reggio Emilia, che è il gestore di tutti gli impianti sportivi comunali sul territorio reggiano. Facciamo attività tutti i giorni dalle ore 16,30 alle 21. Il lunedì, mercoledì e venerdì si allena il settore giovanile, mentre il martedì, giovedì e venerdì è il turno degli agonisti. Gli amatori vengono in palestra solo due giorni, il lunedì e il mercoledì. Liu Wenyu è tecnico di secondo livello e segue tutte le categorie, coadiuvato da Mattia Crotti, anche lui allenatore, e da Pietro Fantini, come sparring, per l’attività giovanile e agonistica. In tutto i nostri tesserati sono 42. In questo momento, comunque, non siamo in via Mazzacurati».

Perché?

«Stanno facendo dei lavori di adeguamento dei fabbricati e il 23 dicembre abbiamo traslocato al PalaBigi, dove rimarremo fino alla fine di aprile. Abbiamo una palestra a fianco del campo gara principale. Siamo grati alla Fondazione, che ha sostenuto dei costi notevoli per stendere il taraflex e installare le luci nuove, per consentirci di allenarci e di disputare le gare di campionato nelle condizioni migliori possibili».

Quanti ragazzini avete?

«Una dozzina, fra i 9 e i 14 anni, e l’obiettivo è di potenziare il settore giovanile. L’inserimento nello staff tecnico di Crotti ha anche questa finalità. Negli ultimi anni stiamo riscontrando una netta inversione di tendenza da parte della comunità cinese, che a Reggio Emilia è sempre stata numerosa. Era venuta in Italia per lavorare e non metteva mai piede in palestra. Ora chi si è sistemato e anche più integrato e i genitori mandano volentieri i loro figli a giocare a tennistavolo. Abbiamo diversi ragazzini cinesi, maschi e femmine. Anche durante l’estate Liu, Fantini e altri atleti della società vanno a tenere dei corsi in due scuole cinesi private e i risultati sono molto soddisfacenti».

A proposito di scuole, fate promozione durante l’anno?

«Andiamo sia nelle elementari sia nelle medie. Le dirigenze sono favorevoli all’ingresso dello sport, ma preferiscono far ruotare le varie discipline e dunque tornare negli stessi istituti per due anni di seguito è quasi impossibile».

Com’è composto il vostro direttivo?

«Il mio vice è Marcello Bigi e il segretario esecutivo Linda Bertani. I consiglieri sono Pietro Fantini, Paolo Giorgio, Marco Bigi e Samuel Nardini. Siamo abituati e riunirci periodicamente, per pianificare l’attività e prendere decisioni, e in questo periodo di emergenza sanitaria ci siamo ritrovati spesso in videoconferenza. Ognuno ovviamente dice la propria, ma c’è una sintonia di base che ci accomuna».

Sei contento della partenza delle Scuole di Tennistavolo?

«Molto, perché lo trovo un progetto molto azzeccato. Me lo aspettavo da tempo, essendo un modello già presente all’interno di altri sport. La nostra Federazione si è comunque mossa bene, seguendo uno schema d’azione già ben collaudato. Il riconoscimento da parte delle FITeT permette alle società coinvolte di presentarsi ai potenziali utenti con una credibilità molto maggiore ed è un biglietto da visita che favorisce la crescita di tutti. Questa iniziativa ha dato una scossa a molte associazioni, che si sono sentite chiamate in causa e, avvertendo la vicinanza federale, hanno aderito con entusiasmo, intenzionate a prendere in mano il proprio destino per farsi conoscere sul territorio».

Quali sollecitazioni hai trovato più interessanti?

«Andare nelle scuole e aprirsi al confronto con le altre società pongistiche e con le realtà degli altri sport della propria zona di competenza, magari anche per organizzare qualcosa in comune, sono aspetti fondamentali e attraverso il progetto tutti lo stanno comprendendo, anche i club più piccoli, che si sono affacciati da poco tempo al nostro mondo. Per ottenere dei risultati ci vuole un approccio metodologico ed è necessario strutturarsi in modo adeguato. Nulla s’improvvisa, tutto deve essere programmato. L’utilizzo degli strumenti di comunicazione, per raccontare ciò che si fa, aiuta a condividere e rafforza i messaggi. Sono valori che, se diventano patrimonio di tutti, agevolano la crescita del nostro movimento».

Il corso tenuto dai formatori ha acceso delle lampadine anche a una associazione consolidata come la vostra?

«Certamente sì, perché bisogna sempre avere la capacità di guardarsi dentro con umiltà, sfruttando ogni occasione per rimettersi in discussione. Non esistono situazioni perfette e una società sportiva deve essere sempre attrezzata per offrire un servizio differente a tutti i tesserati, a seconda delle loro esigenze, che possono cambiare nel corso del tempo».

Quali sono i vostri obiettivi?

«Vorrei consolidare i rapporti istituzionali con il Comune e gli altri enti locali, per trovare una strategia da condividere. In un prossimo futuro abbiamo idea di trovare un impianto migliore di quello attuale, sempre in sinergia con la Fondazione per lo Sport. Vorremmo portare avanti progetti non solo pongistici, ma anche sociali, per potenziare il pacchetto di servizi da offrire alle persone. Alla mattina, quando la struttura non sarà occupata dal tennistavolo, potremmo utilizzarla per esempio a favore degli anziani, che abbiano piacere di mantenersi in movimento. Ci piacerebbe, insomma, diventare sempre più una risorsa a disposizione della comunità e non solo di chi persegua traguardi agonistici di alto livello».

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