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TT Maccheroni, si punta a vincere all’insegna della lealtà sportiva

TT Maccheroni, si punta a vincere all’insegna della lealtà sportiva

Le foto sono tutte di archivio, scattate prima del Covid-19

Al solo pronunciarlo mette allegria e attira simpatia. L’ASD TT Maccheroni si è affiliata alla FITeT il 21 giugno 2014, ma il nome esisteva già all’interno di altre società fin dal 2008, ideato da Massimo Mottola, che ne è il presidente, e dai fratelli Lorenzo e Stefano Tomasini, ovvero il terzetto dei fondatori.

Ciao Massimo, avete pensato a Maccheroni perché siete dei buongustai?

«In realtà più che il gusto c’interessava il loro significato. Eravamo tesserati per l’Eureka e dovevamo scegliere un nome da dare alla nostra squadra di serie C2. Ne cercavamo uno che esprimesse energia, compagnia e invitasse al sorriso, incarnando quello che è il nostro modo d’interpretare il tennistavolo, che non deve dividere, semmai unire. Maccheroni ci è parso azzeccato».

Siete dunque partiti dalla C2?

«Esattamene e nel 2008/2009 io, Lorenzo e Stefano abbiamo raggiunto una salvezza all’ultima giornata, classificandoci settimi su nove squadre. Con noi c’erano anche Alessandro Laurenti, Marta Mastrantonio e Riccardo Regis. La stagione successiva andò molto meglio, con il terzo posto, grazie anche ai contributi di Federico e Carlo Bazan, Chiara Colantoni e Maria Teresa Pastore. Nel 2010/2011 ci siamo piazzati quarti e con me e i due Tomasini c’erano Fabio Fulvio e Ivanna Sacco. Alla fine di quell’anno siamo usciti dall’Eureka e ci siamo accasati al Tennistavolo L’Isola che non c’era».

In quale campionato?

«In D1, dove una serie di vittorie e due pareggi ci consegnarono il primo posto e la promozione. Eravamo il solito terzetto più Regis e Fulvio. La squadra di D2, con Giovanni Stellato, Alessandro Ricci, Matteo Carletti e Federico Bazan, terminò quinta. Nel 2010/2013 eravamo dunque di nuovo in C2, con Riccardo Carletti al posto di Fulvio, e approdammo al secondo posto e ai playoff promozione. Stellato, Matteo Carletti, Alberto Gajano e Fulvio disputarono la D1 ed Enrico Martinelli e Giosuè e Alessandro Coccia si schierarono in D3. Nel 2013/2014 noi del terzetto e Stellato fummo chiamati da esigenze societarie ad allinearci ai nastri di partenza in D1 e salimmo subito in C2. Nell’altro girone della D1 i Maccheroncini si salvarono e i Canolicchi dalla D3 scalarono in D2, con Giusuè Coccia, Fulvio, Antonio Mammone e Angelo Velloni».

Di lì a poco sarebbe arrivato il definitivo cambio di rotta?

«Grazie anche all’aiuto e alla disponibilità del presidente dell’Isola che non c’era, Domenico Scatena, ci siamo convinti di essere in grado di costituire una nostra società e di camminare da soli e nel 2014 è nata l’ASD TT Maccheroni. La prima stagione abbiamo però ancora partecipato alla C2 e alle D1 come L’Isola che non c’era e abbiamo fatto debuttare in D3 le prime due formazioni della società Maccheroni, con una che è subito andata in D2, con Carletti, Castellano, il capitano Gianluca Dalla Vecchia, Alessandro Diglio e Lozzi. Nel 2015/2016 la C2 a la D1 hanno ancora indossato i colori dell’Isola, mentre noi avevamo a tutti gli effetti la D2, due D3 e, per la prima volta, la C femminile e la B Veterani. Dal 2016/2017 ci siamo resi completamente autonomi, con una C1, una C2, una D1, una D2, due D3, oltre a due squadre di Veterani».

Com’è andata?

«La C1, pur non sfigurando, è scesa, per poi tornare al piano di sopra nel 2018, quando nell’ultimo atto dei playoff si sono incontrate due nostre compagini e la Gege Fruit, capitanata da me e composta da Vincenzo De Ficchy, Claudio Prodon e Walter Regis, ha prevalso. Siamo poi rimasti in C1, con me Carletti, Lizio e Salvatore Zampino, e nel 2019/2020 con Lizio, Antonio Di Silvio e Francesco Cannilla. Io, Carletti, Prodon e Stefano Tomasini siamo arrivati in C1 aggiudicandoci a Terni la Coppa Italia dei Comitati Regionali».

Avete disputato campionati femminili?

«Siamo stati in serie C nel 2015/2016 con Cristina Pais, Anna Buccarelli, Luna De Santis, Flavia Lanucara e Cristina Dominique Longo. L’unica rimasta è Pais, dall’anno scorso abbiamo però altre due signore, ulteriori quattro sono arrivate poco prima della pandemia. In ottica futura dovremmo, insomma, avere la possibilità di allestire un’altra squadra di donne».

Quest’anno avete rinunciato a partecipare con le vostre due compagini alla C1?

«Ci siamo confrontati con i giocatori dei due team, uno capitanato da me e l’altro da Stefano Tomasini, e la maggior parte, valutando le difficoltà di applicazione dei protocolli e le incertezze complessive connesse al presente e, presumibilmente, al prossimo futuro, ha ritenuto di non scendere in campo. Vedremo se a livello regionale, dove avremmo sette team in tutte le serie dalla C2 alla D3, si potrà partire».

Tornando alla Coppa Italia dei Comitati Regionali, che esperienza è stata?  

«Molto bella e coinvolgente e devo ammettere che, al di là del successo, ci ha dato soddisfazione l’averlo conquistato facendo gruppo e migliorandoci in campo partita dopo partita e soprattutto ricevendo attestati di simpatia dai nostri avversari. Queste dimostrazioni ci hanno confermato che forse non riusciremo a raggiungere i più alti livelli nazionali, ma che quella che ci sostiene è la filosofia giusta. Nasciamo un po’ tutti come degli amatori e non vogliamo che questo spirito ci abbandoni mai. Il tennistavolo deve farci stare bene e infatti questa è anche la linea che seguiamo per costruire le squadre che partecipano ai vari campionati».

Cosa intendi?

«Creiamo dei gruppi di persone che possano ottenere anche dei risultati, ma che soprattutto si divertano insieme. Potrei raccontare miriadi di episodi che nel corso della nostra storia ci hanno aiutato a cementarci. Per esempio alla fine di ogni stagione agonistica, la squadra che ha raggiunto il traguardo più importante offre la torta a tutta la società. Ritrovarci al termine dell’anno è un premio per tutti e il non aver potuto rispettare la tradizione nel 2020 ci è dispiaciuto molto. Intendiamoci, l’essere legati a questi valori non mitiga in alcun modo l’impegno che profondiamo quando gareggiamo, che è sempre massimo. Chiunque venga a giocare da noi sa che si dovrà sudare ogni successo. Sa però anche che in noi troverà sempre un comportamento di assoluto rispetto e lealtà sportiva. Ti diro di più».

Prego.

«Abbiamo adottato al nostro interno un codice etico, che tutti gli anni ogni nostro atleta deve sottoscrivere e rispettare. Qualora qualcuno si sia reso protagonista di una condotta scorretta, non abbiamo esitato ad allontanarlo, anche se queste decisioni hanno penalizzato il risultato sportivo. Sono questioni sulle quali non intendiamo transigere. Le sconfitte devono essere il pretesto per impegnarsi maggiormente in palestra, non per lasciarsi andare a gesti deprecabili nei confronti degli avversari».

Veniamo ai principali risultati individuali?

«Cristina Pais ha vinto molte medaglie ai Campionati Italiani Veterani. Nell’Over 75 è stata nel 2016 campionessa nel doppio femminile, argento nel misto e bronzo nel singolare, nel 2017 argento nel doppio e bronzo in singolare e nel misto e nel 2018 argento nel misto e nel doppio e bronzo nel singolare. Giovanni Stellato nel 2017 è stato vicecampione italiano nel doppio di quinta categoria. Io nel 2017 sono stato terzo ai Campionati Interforze e campione regionale di singolare Over 40 e di doppio di quarta categoria, nel 2018 argento e nel 2019 oro ai Regionali Over 40. Gianluca Dalla Vecchia si è aggiudicato un torneo nazionale Verde nel 2015 in doppio con Alessandro Diglio, uno nel 2016 in coppia con Stellato e nel 2017 la medaglia d’argento ai Regionali di doppio di quinta categoria. Ai Regionali Angelo Velloni è stato argento nel 2017 e Luca Lizio oro nel 2020 fra i seniores e Andrea Insinga nel 2019 è salito sul secondo gradino del podio nel singolare Giovanissimi. Sono stati campioni regionali promozionali Alberto Lentini nel 2015 e Francesco Marino nel 2019, mentre nel 2018 Alessandro Casanova è stato argento e Alfredo Gagliano bronzo».

Avete atleti paralimpici?

«Marco Galassi nel 2020 avrebbe dovuto partecipare ai Campionati Italiani paralimpici di Roma e sarebbe anche stata l’occasione per classificarlo. Purtroppo la pandemia non ha consentito lo svolgimento della manifestazione».

Dove svolgete la vostra attività?

«Nel teatro della Parrocchia “Sacri Cuori di Gesù e Maria”, in zona piazza Vescovio, che è la chiesa dove siamo nati noi del nucleo storico. Abbiamo iniziato a giocare lì quando eravamo bambini. A 17 anni io e alcuni altri facevamo campionato e ci seguivano tecnici come Primo Campioni e Angelo Franchi. Sono poi stato via per parecchi anni per lavoro e quando sono tornato con gli amici Lorenzo e Stefano abbiamo voluto riprendere l’esperienza, sempre lasciando la possibilità agli amatori di portare avanti la loro passione. Attorno alla sede abbiamo molto spazio verde, che potrebbe ospitare iniziative all’aria aperta. Contiamo di organizzarle non appena saremo tornati alla normalità».

Siete soddisfatti dell’impianto?

«In realtà uno dei nostri obiettivi è di trovare una palestra scolastica più grande. Sono convinto che, se avessimo più spazio, i nostri numeri potrebbero crescere. Nonostante le difficoltà che tutto il movimento sta vivendo, avvertiamo il desiderio di fare parte della nostra realtà. Abbiamo un centinaio di tesserati, la metà del quale costituito dagli agonisti. Gli altri sono amatori o sostenitori che hanno piacere di venire sporadicamente a fare una partita o un piccolo allenamento».

Quanti tecnici avete?

«Io sono il direttore tecnico e sono allenatore, come anche Antonio Di Silvio, Riccardo Carletti e Claudio Prodon , mentre Luca Lizio, che è anche laureato in Scienze Motorie, sta frequentando il corso di secondo livello. Fabio Fulvio, Walter Regis, Giosuè Coccia ed Enrico Emilio Martinelli sono tecnici di base. In condizioni normali il settore giovanile, composto da una quindicina di ragazzi dagli 8 ai 12 anni, viene due giorni alla settimana, il lunedì e il mercoledì dalle ore 17 alle 18,30. Dalle 18,30 alle 22 si allenano gli amatori e gli agonisti di livello più basso. Il martedì e il giovedì dalle 18 alle 20,30 fanno attività gli agonisti più bravi, con lezioni individuali e momenti dedicati a un gruppo di squadre, per consentire di avvicinarsi nel modo migliore agli impegni presenti in calendario. A Di Silvio fa capo l’alto livello, mentre io mi occupo, con Lizio e Carletti del settore giovanile, con Lizio e Fulvio di adulti, seniores e Veterani e con Fulvio e Martinelli della promozione. Lizio, Fulvio e Coccia seguono i corsi per i neofiti L’attività di specializzazione spetta a Lizio, Carletti, Prodon e Regis. Io e Lizio curiamo con attenzione la preparazione fisica».

Parlavamo del vivaio, chi sono i giovani più interessanti?

«Il già citato Insinga, classe 2009, oltre a essere stato vicecampione regionale Giovanissimi, ha partecipato ai tricolori a Terni. Il suo compagno di scuola Federico Capasso è il n. 9 dei Ragazzi del Lazio. Fra le bambine, si segnala Cristina Della Monica, del 2010. Fra i nuovi arrivati ci sono i gemelli del 2010 Andrea e Antonio Bancone e i fratelli Alessandro e Andrea Bonanni, nati rispettivamente nel 2007 e nel 2012. Gli altri sono Daniele Berti, del 2006, Gabriele Lulli, del 2007, e Daniele Maggiolini, del 2010».

Come sono arrivati da voi?

«Alcuni attraverso il catechismo e poi, grazie a loro, c’è stato un passaparola nelle scuole, che nella nostra zona sono numerose».

Cosa rappresenta per voi la  Scuola di Tennistavolo?

«Abbiamo seguito le lezioni dei formatori io e Lizio come tecnici e Vincenzo Bancone e Alfredo Gagliano  come dirigenti. È un progetto nel quale crediamo molto e la dimostrazione lampante è che abbiamo ampliato il nostro direttivo, portandolo a undici persone, per rispondere all’esigenza di migliorare la struttura e l’organizzazione della società. Oltre a me, che sono presidente, direttore tecnico e rappresentante dei tecnici, ci sono Stefano Tomasini, vicepresidente e responsabile organizzativo, Lorenzo Tomasini, segretario e tesoriere, e i consiglieri Alfredo Gagliano, che si occupa di ricezione e accoglienza, Vincenzo Bancone, per l’organizzazione degli eventi, Giovanni Stellato, per la comunicazione e i mass media, Carlo Diofebi, per la gestione delle attrezzature e della sala, Gianluca Della Vecchia, come rappresentante degli atleti, Andrea Carletti, come rappresentante atleti di riserva, Fabio Fulvio, direttore delle pubbliche relazioni e rappresentante dei tecnici di riserva, e Alessandro Diglio, direttore attività promozionali e sostenitori. A mio parere il concetto di Scuola non può essere scisso da quello di collaborazione e contiamo quanto prima d’instaurare dei rapporti con altre realtà del territorio».

Cosa significa il riconoscimento da parte della FITeT?

«La qualificazione del nostro lavoro. Nella considerazione di molti in Italia il tennistavolo è un’attività amatoriale e la certificazione da parte della Federazione garantisce la giusta credibilità a centri d’insegnamento che abbiano una professionalità e un’esperienza consolidate nel tempo. La targa di Scuola è ovvio che non rappresenterebbe nulla se dietro non ci fosse la sostanza, però in presenza di qualità di livello elevato aiuta a rafforzare il messaggio che arriva a coloro che si rivolgono alle nostre società, alla ricerca di servizi che siano all’altezza delle loro aspettative».

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