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CIATT Firenze, da sempre un anello di congiunzione fra amatori e agonisti

CIATT Firenze, da sempre un anello di congiunzione fra amatori e agonisti

Fin dall’inizio della società, la massima attenzione è stata riservata all’obiettivo di promuovere il tennistavolo insegnandolo e, da questo punto di vista, il recente riconoscimento della sua Scuola da parte della FITeT è un sogno diventato realtà. Il CIATT Firenze è nato nel 1996 dalle ceneri di una realtà simile che aveva preso le mosse nel 1991 e si era sviluppata per cinque anni a Prato. Era nel gruppo dei fondatori già nella città tessile Francesco Zagli, che è sempre stato fra le figure di riferimento anche nel capoluogo e oggi è il presidente del club.

Ciao Francesco, esattamente cosa significa l’acronimo CIATT?

«Club Italia Amici del Tennis Tavolo e l’idea era dunque di creare un progetto di portata nazionale, che puntasse a porre le condizioni per consentire a tutti coloro che lo volessero di imparare il ping pong. Questa valenza è ben rappresentata dal rapporto preferenziale che abbiamo sempre avuto con la UISP, l’Unione Italiana Sport per Tutti. Quando abbiamo iniziato ad attecchire a Firenze, siamo riusciti a mettere in atto questo proposito e siamo orgogliosi di ciò. Siamo stati coloro che hanno creduto nell’amatorialità, portandola all’agonismo».

Chi sono stati i protagonisti delle origini a Prato?

«A prendere l’iniziativa è stato il presidente Patrizio Materassi e lo abbiamo seguito per amicizia Aldo Trappolini, Remo Bondi, Stefano Conti e io. È stata una sorta di attività pionieristica, che è partita da un garage, con tre tavoli posizionati quasi a incastro, e ci ha portato anche in serie C1. La maggior parte di noi era di Firenze e dunque era naturale che quell’esperienza proseguisse nel capoluogo, dove c’erano stati degli ottimi risultati negli anni ’70 e ’80, a partire da Stefano Bosi. Peccato, però, che in città non ci sia mai stata una lungimiranza sufficiente per far sì che si creasse una vera a propria tradizione. Quei campioni non avevano seminato e i benefici di periodi così positivi si erano persi, costringendoci e ricominciare praticamente da zero».

Da dove?

«Dalla palestra polivalente City Club, nella quale avevamo a disposizione quattro tavoli. Lì la Federazione guidata da Bosi fece svolgere un incontro internazionale fra l’Italia di Yang Min, Massimiliano Mondello e Valentino Piacentini e la Slovacchia. Abbiamo suscitato subito un certo interesse e la gente veniva numerosa ai corsi tenuti da Aldo, Remo e da me, che eravamo supportati da un ex atleta di A2 come Marco Pezzi. In campionato l’avvio è avvenuto dalla D1 e in due stagioni, grazie anche ad altri giocatori fiorentini, Alessandro Cardelli, Renato Manzini e Tommaso Bambagioni, siamo saliti nella C1 nazionale. La concorrenza del fitness, però, era troppo forte e dopo quattro anni, in cui avevamo comunque superato quota 30 agonisti, abbiamo cercato casa altrove, accettando di affrontare la roulette delle palestre comunali».

A chi vi siete rivolti?

«Al Quartiere 1 e ci siamo messi in lista d’attesa per la concessione di spazi, contendendo i quarti d’ora alle altre discipline e arrivando ad avere quattro ore alla settimana alla palestra “Verdi”. Nel frattempo, però, gli iscritti si erano ridotti e avevamo perso la C1. Ci abbiamo continuato a credere e la nostra determinazione è stata premiata. Alla fine del 2000 il presidente della Commissione Sport, Massimo Fratini, ci ha concesso ben otto ore totali in tre giorni. Intanto il consigliere e segretario Domenico Cirillo, che si sarebbe distinto un decennio dopo anche come ottimo presidente della FITeT Toscana per un mandato, portando in Comitato alcune delle idee nate all’interno del nostro garage delle origini, convinse la giovane promessa Gianmaria Falcucci, che aveva smesso, di riprendere a giocare e il suo arrivo diede anche una spinta alla nostra crescita tecnica. Con lui, José Ringressi, Andrea Giacobbe e Nicola Giannoni, il primo prodotto interamente CIATT a vincere delle competizioni regionali, siamo risaliti in C1 nel 2002. In quell’anno per la prima volta ho assunto l’incarico di presidente, con Trappolini vice».

Eravate anche tornati a crescere come numeri?

«In effetti era così e nel Quartiere 1 non esistevano più margini per incrementare il monte ore a nostra disposizione. Fu così che Fratini, che aveva imparato ad apprezzare la nostra filosofia del lavoro e dell’impegno, che era alla base di tutti i risultati raggiunti, ci consigliò di parlare con il suo collega Romano Prunecchi del Quartiere 4. La rinuncia di una società pallavolistica, a volte nella vita ci vuole anche un pizzico di fortuna, ci agevolò, liberando due giorni alla palestra della Montagnola. Sul campo continuavamo a progredire, per merito di Falcucci, che con i toscani Francesco Bagnolesi, Leonardo Colli e Alessandro Ceretti ci ha condotto per la prima volta in B, per poi diventare il nostro consigliere tecnico e collaborare con noi con i corsi per i principianti o di aggiornamento. Prunecchi ci ha anche consentito di lavorare nelle scuole, dando un impulso al nostro vivaio. I tesserati erano diventati più di 40 e i praticanti quasi il doppio».

Anche la Montagnola non era dunque più sufficiente?

«Infatti nel 2004 ci è stata assegnata la palestra “Barsanti”. Avevamo finalmente una sede fissa, anche se, purtroppo, a causa di un incendio, dovemmo aspettare un anno prima di prenderne possesso, ricorrendo intanto alla palestra “Einstein”. Nel 2005 siamo entrati alla “Barsanti”, dove siamo tuttora, e Falcucci, Cardelli, Bagnolesi e per qualche gara anche Raul Fabbri si sono guadagnati l’accesso alla B1. Nel 2006 Gianmaria ha contattato il numero 20 d’Italia Andrea Bongini, reduce dalla medaglia di bronzo conquistata ai Campionati Italiani di seconda categoria e dalla A2 disputata a Siena. Con loro due, Colli e Cardelli ci siamo piazzati secondi e siamo andati in A2».

Qual è stato il prosieguo?

«Nella stagione 2008/2009 ancora un secondo posto, con Bongini, Falcucci e il cinese Sun Jun, ci ha proiettato addirittura in A1. Per quello storico risultato siamo stati premiati nel Salone dei 500 di Palazzo Vecchio come la migliore squadra fiorentina dell’anno. Purtroppo, però, Sun Jun si era rotto il tendine d’Achille e non fu disponibile nel massimo campionato.  Avevamo effettuato tutto il percorso potendo contare quasi esclusivamente sulle risorse societarie e non ci saremmo potuti permettere degli stranieri. Decidemmo di affrontare l’avventura con una squadra tutta italiana, con Bongini, Falcucci, Colli e Filippo Viviani. Era ovvio che si trattasse di un’impresa senza speranza, ma la soddisfazione di esserci stati non ce la tolse nessuno».

Eravate molto seguiti?

«Giocavamo alla “Martin Luther King” e a volte venivano a vederci anche 300 persone. Quella stagione è stata un’occasione importante di promozione e intanto come tecnico, per rilanciare il settore giovanile, avevamo ingaggiato Andrea Del Tomba. L’anno successivo abbiamo fatto la A2, salvandoci con Bongini, Filippo Giuliani e il cinese Ma Biao, in prestito da Cortemaggiore, e qualche inserimento di Colli e Falcucci. Abbiamo poi rinunciato alla seconda serie, ripartendo dalla B2, nella quale Del Tomba, con Colli e Angelo Teatino, decise di lanciare due giovani come Dario Loreto, tirato su inizialmente da Stefano Vignozzi agli Artigianelli e che faceva parte della Nazionale Allievi, e Antonio Ferrara, per un anno sotto la guida, alla Sestese, di un altro nome fiorentino come il compianto Giuseppe Cagnina. L’anno dopo eravamo in B1, con Loreto, Teatino, Concetto Testiera e l’iraniano Ali Reza Mahdiyar. Siamo poi scesi in C1 e nel 2015 siamo rientrati in B2, con Nikolay Boyadzhiev, Giorgio Conte, Francesco Losanno e José Ringressi. In quella categoria ha esordito anche il giovane, cresciuto da noi, Edoardo Raccanello, che nel 2018 ci ha riportati in B1 con Boyadzhiev e Colli».

Avete avuto anche squadre femminili

«Fin dagli anni del City Club, e siamo arrivati fino alla serie B, con Ambra Fiorini, seconda categoria aretina, Giulia Nesi e la giovane Matilde Razzoli. Abbiamo avuto un team di donne più recentemente nel 2018/2019, con Maria Infantino, Letizia Lamporesi, Laura Tucci ed Emma Cavari».

Quest’anno che squadre schierete?

«In B1 giocheranno Boyadzhiev, Loreto, Colli e Losanno e in C1 Alessandro Campanale, Conte,  Francesco Lorenzini e Marco Fionda. Avremo poi la A1 paralimpica, con Lorenzini e Augusto Casciola, e la A1 Veterani, con Boyadzhiev, Conte, Marco Pezzi e Andrea Livi. Nei campionati regionali presenteremo due C2, due D1, cinque D2 e quattro D3, oltre alla compagine femminile in C, in cui andranno in campo Sabrina Baroncini, Cosetta Cosi e Nicoletta Bindi. Avevamo conquistato anche la B femminile, con Luisa Giuricin, Maria Binetti e Tatiana Bazzi, ma abbiamo dovuto rinunciare, per mancanza di altre giocatrici».

A livello individuale quali vostri atleti si sono fatti valere di più?

«Bongini, dopo il bronzo del 2006, ai Campionati Italiani di seconda categoria nel 2011, quando però non era più con noi, ha conquistato la medaglia d’argento, cedendo in finale a Leonardo Mutti. Nel doppio misto è stato terzo nel 2008 con Ana Brzan. Quando era tesserato per noi Giuliani nel 2010 è stato campione tricolore Over 40, bissando il titolo dell’anno precedente. Avrebbe fatto tripletta nel 2018, dopo essere stato argento nel 2012, 2013, 2014 e 2015 e terzo nel 2016. Nel 2011 era stato bronzo in seconda categoria, cedendo in semifinale a Bongini. Boyadzhiev è stato terzo nel singolare Over 40 nel 2017 e secondo nel 2019, quando ha vinto anche l’argento in doppio con Petrica Nita. Falcucci ha ottenuto degli ottimi piazzamenti nei tornei nazionali e in doppio è salito tre volte sul podio con Bongini. Loreto si è piazzato terzo agli Italiani nel singolare Ragazzi nel 2009, in terza categoria nel 2012 e fra gli Juniores nel 2014. Nei doppi ha fatto secondo fra gli Allievi con Francesco Papa e fra gli Juniores terzo nel 2012 nel maschile con Papa e nel misto con Giada Ferri e secondo nel 2013 nel maschile con Alessandro Baciocchi. Il 19enne Raccanello è stato campione regionale juniores nel 2017 e di terza categoria nel 2018. In ambito nazionale si è ben posizionato nei tornei di terza e nella prima gara unica di novembre 2019 a Cadelbosco ha vinto il doppio in coppia con Francesco Giannini. Lorenzini è con noi solo dall’anno scorso e ha al suo attivo gli ori tricolori paralimpici nel singolo di classe 8 nel 2016, 2017 e 2019 e cinque titoli in doppio. Ha anche indossato la maglia azzurra e vinto medaglie negli Open internazionali».

Ora chi sono i giovani più interessanti?

«Raccanello, che da quest’anno è passato al CIATT Prato e ha ritrovato il suo ex allenatore Bongini, è un classe 2001 e dunque ancora in grado di dare molto al nostro sport. Suo coetaneo è Marco Volpi, mentre del 1997 è Lorenzo Terenzi. Per Raccanello che è andato via, da Prato è rientrato il classe 1996 Loreto. Scendendo fra i ragazzini, il 12enne Gabriele Meriggioli è il n. 7 della classifica Ragazzi della Toscana. Al momento si sta confrontando soprattutto nelle competizioni regionali e riponiamo in lui ottime speranze».

Ne abbiamo parlato come atleta, ma ora Boyadzhiev è il vostro responsabile tecnico?

«È a Firenze da cinque anni, prima lavorava al DFL Poggibonsi con Roberto Batoni. Lo abbiamo contattato, per fargli una proposta come allenatore e anche come giocatore, e abbiamo trovato l’accordo. Ci sta dando un contributo molto significativo, trasmettendo al nostro interno le sue molteplici conoscenze».

Quanti giorni avete a disposizione alla “Barsanti”?

«Sei giorni su sette, escluso il lunedì. In condizioni normali il martedì e il giovedì dalle ore 17 alle 19 si allena il vivaio, con 10-15 ragazzini sotto la guida di Nikolay, che è maestro, e di Andrea Livi, tecnico di base, e l’agonismo. Dalle 19 alle 21 tocca ancora all’agonismo e agli amatori. Il mercoledì dalle 17 alle 21 è dedicato a corsi più individuali e lo stesso accade il venerdì, quando però l’orario scatta dalle 21 e dunque a prevalere è il settore amatoriale. Trappolini si occupa dell’ambito femminile. Da diversi anni ci attestiamo sugli 80 tesserati agonisti e anche di più. Includendo l’attività amatoriale siamo tranquillamente oltre i cento frequentatori della palestra».

Avete una tradizione di lavoro nelle scuole?

«Ci andiamo da almeno dieci anni e con tre, le medie della “Barsanti”, le elementari della “Martin Luther King” e l’istituto superiore “Gobetti”, abbiamo un rapporto ormai consolidato. Basti pensare che Meriggioli viene dalla “King”, Volpi dalla “Barsanti” e Terenzi dal “Gobetti”».

Sul fronte promozionale, avete anche partecipato a manifestazioni organizzate dal Comune?

«Tutti gli anni, da venti a questa parte, siamo presenti a settembre alla “Festa dello Sport” al Filarete. Si è svolta anche nel 2020. Si tratta di un evento legato anche al Premio Villa Vogel, rivolto ai migliori sportivi della città, che è stato vinto in passato da Falcucci e da Raccanello».

Abbiamo parlato molto di agonismo, ma la causa degli amatori è stata da sempre uno dei cardini della vostra filosofia?

«Eccome, nel 1996 ho trasformato un’idea del responsabile UISP di quegli anni, Franco Aste, e ho creato il torneo che dal 2001 sarebbe diventato il Memorial Trappolini, in ricordo di Elio, papà di Aldo. Una ventennale tradizione amatoriale fiorentina. Si giocava tutte le domeniche e la partecipazione era molto numerosa. Ricordo che Lorenzini disputò un’edizione quando aveva intorno ai 12 anni. Nella scorsa stagione ci ha cercato per venire da noi. I semi che abbiamo gettato ci hanno sempre riservato moltissime soddisfazioni. L’erede del “Trappolini” è stato il Dla2& Friends, creato dal nostro socio Otto Bergamo e introdotto nel 2008. L’intendimento era ed è di fare da anello di congiunzione tra l’attività agonistica e quella per lo più sviluppatasi in ambienti tipo circoli, bar o anche in spiaggia. Il successo nella manifestazione fu fin da subito notevole e avevamo iscritti che arrivavano da ogni parte della Regione. La gente nel corso del tempo ha molto apprezzato questa opportunità di gareggiare e di divertirsi e si è avvicinata con entusiasmo al tennistavolo».

Insomma, moltissimo lavoro potendo contare solo su voi stessi?

«Il nostro unico sostentamento è venuto quasi totalmente  da quote (solo in A2 , per un breve periodo abbiamo avuto un piccolo sponsor), da qualche piccolo contributo istituzionale e dalla fatica di organizzare una miriade di tornei regionali e nazionali».

Hai un direttivo collaborativo?

«C’è molta voglia, da parte di tutti, di dare il proprio contributo. Il vicepresidente è Marcello Massai, il consigliere-segretario Simone Volpi e gli altri consiglieri sono Aldo Trappolini, come rappresentante degli atleti, e Andrea Livi, dei tecnici. Maurizio Raccanello, papà di Edoardo è con noi in qualità di socio aggregato ed è una persona preziosa. Che sia rimasto al CIATT Firenze, nonostante Edo sia andato a Prato, è per noi un valore aggiunto, in termini di stima e di affetto».

La Scuola di Tennistavolo, oggi riconosciuta dalla Federazione, è stato un vostro pallino da sempre?

«Assolutamente sì, perché, fin dalle nostre origini, abbiamo sempre avuto chiaro l’intento di portare gli appassionati in palestra, affinché potessero imparare il tennistavolo. Abbiamo frequentato il corso dei formatori io, Boyadzhiev e Livi ed è stata un’opportunità molto interessante perché, oltre all’aspetto didattico, è stato molto importante il confronto che si è realizzato con i colleghi delle altre società. Ognuno ha potuto mettere a disposizione di tutti le proprie esperienze. Anche chi ha lunghi trascorsi alle spalle ha potuto percepire situazioni nuove, utili magari anche a fare meglio in futuro. Le Scuole non costituiscono solo una targa, ma una possibilità di crescita vera per tutto il movimento pongistico. Ovviamente la nostra attenzione continuerà a essere focalizzata sugli agonisti e anche sui nostri amati amatori».

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