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Germaine Lecocq, un esempio d’impegno a favore del pongismo olimpico e paralimpico

Germaine Lecocq, un esempio d’impegno a favore del pongismo olimpico e paralimpico

La Sicilia è una Regione che ci ha abituato all’impegno portato avanti in parallelo, con numeri e risultati, nel settore olimpico e in quello paralimpico. Fin dalla sua nascita il Centro Polivalente Uisp Germaine Lecocq di Marsala, una delle società isolane che sta investendo risorse ed energie nella creazione della sua Scuola di Tennistavolo, coltiva con generosità e dedizione il doppio binario. Il presidente Francesco Gandolfo, appassionato fin da quando accompagnava alle gare suo figlio Antonino, è la nostra guida lungo un percorso pongistico che è partito nel 1994.

Ciao Francesco, iniziamo con lo spiegare il nome Germaine Lecocq?

«Germaine Lecocq era moglie del partigiano, sindacalista e uomo politico del PCI, Giorgio Amendola. Il loro amore durò per tutta la vita e dopo la morte del marito, a 73 anni, Germaine lo seguì subito nell’ultimo viaggio. Coloro dai quali abbiamo rilevato la gestione hanno pensato che un esempio d’amore di questo tipo meritasse un omaggio da parte di chi ama lo sport, quello sano, dei valori e dell’impegno, e hanno dato il nome di Germaine all’associazione».

Con chi hai creato la sezione di tennistavolo?

«Sono subentrato assieme a Claudio Amato, che oggi è il nostro direttore tecnico e allora era reduce da un’esperienza alla Virtus Sant’Anna, la squadra di una parrocchia di Marsala, arrivata fino alla C1, che era finita nel 1990. Quando siamo entrati e abbiamo fondato la sezione pongistica, all’interno della società si praticavano anche la pallavolo e l’atletica leggera, poi l’attività di quelle discipline è giunta al termine. Ci siamo affiliati alla FITeT, alla FISDIR (Federazione Italiana Sport Paralimpici degli Intellettivo Relazionali) e alla PGS (Polisportive Giovanili Salesiane), per dare modo ai nostri atleti di fare più attività possibili».

Dove vi siete incontrati con Claudio?

«Nell’Oratorio dei Salesiani, dove tre sale erano adibite al ping pong. C’era la sala dei bambini, quella di livello intermedio e quella degli adulti. Chi vinceva restava e chi perdeva usciva. Tutti erano in fila in attesa del loro turno e cercavano di vincere per fare altre partite. Era l’agonismo più sano. Oggi purtroppo i ragazzi hanno meno voglia di sudare».

Parlando di tennistavolo paralimpico, è impossibile non iniziare da Federica Cudia. Cosa ha rappresentato per voi?

«Oltre a essere un’atleta vincente, Federica è una persona fantastica e ci è veramente dispiaciuto quando ha dovuto interrompere la sua carriera, per problemi fisici. Non è stata solo capace di conquistare tre argenti e un bronzo in singolare ai Campionati Italiani, ma ha dato il meglio di sè in ambito internazione, mettendosi al collo gli argenti a squadre alle Paralimpiadi di Pechino 2008, ai Mondiali di Gwangju 2010 e agli Europei di Genova 2009, oltre al bronzo continentale a Kranjska Gora nel 2007»

Anche Marco Pizzurro ha lasciato il segno?

«È stato con noi un paio d’anni, un atleta che nella sua carriera ha ottenuto in classe 1 tre secondi posti e tre terzi nella rassegna tricolore. Con lui, Cudia ed Emanuele Carini, per tre volte bronzo in classe 4 agli Italiani, abbiamo disputato la serie A1 paralimpica nel 2012/2013 e nel 2013/2014, arrivando una volta terzi».

Ora chi sono i vostri elementi migliori?

«Daniele Dattolo, Mirco Cundari, Vincenza Di Gerolamo e Antonino Cerami sono tesserati sia per la FITeT sia per la FISDIR. In classe 11 Cundari nel 2018 è stato campione italiano esordienti e giovanile di singolare e si è piazzato terzo nel misto con Di Girolamo e nel doppio con Cerami. Vincenza ha vinto il bronzo nel misto anche nel 2019 con Renato Manuel Lacerati ed è stata argento nel doppio nel 2018 con Gessica Spampinato e nel 2019 con Deborah Toritto. In singolare si è classificata seconda nel 2018 fra le esordienti e terza nel 2019 nell’assoluto. Ai recenti Campionati Italiani FISDIR di Catania è stata terza nel singolare Open».

Fra i normodotati a squadre fin dove siete arrivati?

«Fino alla serie B2, nella quale siamo stati nel 2011/2012 e nel 2014/2015. Per noi giocavano Pasquale Titone, Roberto Fundarò, Bruno e Fabrizio Salerno e Claudio Amato. Ora abbiamo due compagini in C2, tre in D1 e una in D2».

Ragazzini in rampa di lancio?

«Fra i più promettenti inserirei Perla Parrinello, classe 2011, ed Enrico Pipitone, nato nel 2010».

Dove vi allenate?

«Il nostro percorso per arrivare a dove siamo oggi è stato molto complicato, perché siamo stati per anni al V Circolo a Sappusi di Marsala e di punto in bianco si sono accorti della presenza dell’amianto, negando l’autorizzazione all’attività. Per fortuna abbiamo trovato la disponibilità di un dirigente scolastico, come l’attuale onorevole Eleonora Lo Curto, che al plesso Verdi della Scuola Cavour ci ha trovato una sistemazione a metà campionato. Anche la sua succeditrice, Antonella Coppola, ci ha dato la disponibilità della struttura e con lei abbiamo portato avanti parecchi progetti in orario curricolare. Il dirigente che l’ha sostituita non si è invece assunto la responsabilità di concederci la palestra al pomeriggio, in assenza del certificato di fuga, e, a campionato avviato, ci siamo trovati in mezzo a una strada».

Come avete risolto il problema?

«Un imprenditore mio amico ci ha permesso di utilizzare un suo locale a pagamento e quella stagione ci è venuta a costare moltissimo. Alla fine ci siamo guardati attorno e ci siamo resi conto che tutte le palestre, di pertinenza comunale, del comprensorio marsalese, non avevano la certificazione necessaria. Abbiamo dunque spostato la nostra attenzione sulle palestre degli istituti superiori, che sono di pertinenza del consorzio provinciale. Abbiamo scelto l’Istituto Professionale F. Cosentino, dove siamo dall’anno scorso, perché la dirigente scolastica è la professoressa Coppola, che già ci aveva concesso l’impianto al plesso Verdi. Abbiamo intenzione di proporre alla scuola un progetto triennale, totalmente gratuito, riservato ai ragazzi diversamente abili, da svolgere al mattino durante l’orario curricolare. Maria Distefano, la titolare dello sponsor Amaro Monte Polizo, un’azienda di Salemi che è con noi da diverso tempo, ha sempre apprezzato il nostro impegno nel settore paralimpico e ci sosterrà anche in questa iniziativa».

Qual è l’insegnamento di questo vostro iter impiantistico così travagliato?

«Che le palestre scolastiche rappresentano un grave problema per lo svolgimento dell’attività da parte delle società. Ci sono moltissime strutture sequestrate alla mafia o del demanio marino e qui a Marsala hangar non più utilizzati dall’Aeronautica, che potrebbero costituire un’ottima soluzione alternativa. Avevo pensato, assieme alle associazioni di altre discipline, di unirci e di creare un consorzio per prendere in carico queste aree e adibirle a impianti sportivi. Oltre agli altri problemi, sono veramente esausto di montare e smontare i tavoli tutti i giorni. L’impianto proprio è il futuro e sono felice che anche il presidente federale Renato Di Napoli abbia definito il disimpegno dalle scuole e la ricerca di strutture di proprietà come “la madre di tutte le battaglie”».

Siete riusciti a riprendere gli allenamenti dopo l’emergenza sanitaria?

«Abbiamo ricominciato a inizio luglio e ci alleniamo su sei tavoli il martedì, mercoledì, giovedì e sabato, dalle ore 17 alle 20,30. Claudio è il nostro punto di riferimento dal punto di vista tecnico ed è coadiuvato da suo figlio Alessandro, e da me, quando ne ho la possibilità. A mio parere, per effettuare un salto di qualità, ogni società dovrebbe avere al suo interno un laureato in Scienze Motorie e noi possiamo contare su Andrea Algozino, che quest’anno ha anche superato  l’esame di tecnico di base, come anche Sergio Bellafiore, un nostro nuovo dirigente. I tesserati sono una quarantina, fra paralimpici e normodotati».

Perché avete aderito alle Scuole di Tennistavolo?

«Stiamo seguendo il progetto io, Amato e Bellafiore, perché crediamo che sia veramente importante per la nostra società. Abbiamo risposto con entusiasmo e ci siamo candidati per creare la “Scuola di Tennistavolo Città di Marsala” di secondo livello. Abbiamo nei nostri organici i cinque tecnici che ho citato sopra, uno dei quali ha anche il patentino da massaggiatore».

Come opererà la vostra Scuola?

«La Scuola che vogliamo organizzerà corsi per tutte le fasce d’età e per i vari livelli, anche se particolare attenzione rivolgeremo al settore giovanile, ai diversamente abili e al discorso dell’integrazione sociale delle fasce economiche più deboli e degli immigrati, collaborando con istituzioni e associazioni di settore. Siamo abituati a lavorare nel sociale, in collaborazione con il Lions Club di Marsala, del quale sono stato anche presidente. Attualmente disponiamo di una palestra scolastica di circa 350 metri quadrati, che, qualora, come speriamo, le attività della Scuola dovessero essere gradite al territorio, diventerà insufficiente e ci spingerà verso soluzioni di impiantistica sportiva più impegnative».

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